“Il colore delle stelle” a cura di Maurizio Francisci e la regia di Giacomo Zito è uno spettacolo di assoluto impegno civile, in un percorso storico che inizia e prende spunto con l’avvento del fascismo e nazismo con tutte le sue degenerazioni e atrocità, culminate con l’Olocausto fino ad arrivare alle persecuzione di tutte le “diversità” fenomeno attualissimo ancor’oggi.
La rappresentazione vuole ricordare le vittime della follia nazista attraverso la riproposta di canti composti da internati nei campi di Mauthausen, Auschwitz, nel ghetto polacco di Bialistok, in quello di Varsavia. La persecuzione nazista, come sappiamo, non era diretta solo verso gli ebrei, ma anche verso gli appartenenti ad altri credi religiosi, le popolazioni di etnia Rom e Sinti, i prigionieri politici, gli oppositori del regime, i partigiani, gli omosessuali ecc. Tutta questa moltitudine umana veniva contrassegnata oltre che con il numero di matricola impresso sul braccio anche con un triangolo di stoffa colorato, cucito sulla giubba e sui pantaloni.
I colori di questi simboli (da qui il nome dello spettacolo) indicavano il motivo della deportazione per consentire alle SS ed ai Kapo’ di individuare a prima vista la categoria di appartenenza del’internato, per nazionalità, idee politiche, razza o religione.
La xenofobia, l’omofobia non sono finiti con la chiusura dei Lager. Sono rimasti sottesi alla cultura occidentale; sopiti, ma radicati negli stereotipi che ne avevano determinata l’origine. Pronti a riemergere nel momento in cui l’indebolirsi delle certezze e il diffondersi dell’insicurezza, rendessero di nuovo fertile il terreno ad individuare nel “diverso da noi” o “nel più debole” il responsabile principale di tutti i nostri mali.